Apri il menu principale

Modifiche

Te, Ioseph, célebrent (Hymnus)

458 byte aggiunti, 1 anno fa
nessun oggetto della modifica
Il poeta inizia invitando gli angeli e i cristiani a unire i loro canti di lode per celebrare i meriti di Giuseppe, sui quali poggia la fiducia della Chiesa nel suo ricorso alla SS. Trinità.
In primo luogo è posta la dignità che proviene a San Giuseppe dal suo matrimonio con l'inclita Vergine. Tale unione, definita come casta alleanza, è qui ritenuta come il fondamento della grandezza di San Giuseppe. Nella dibattuta questione del fondamento - matrimonio o paternità -, la visione cristologica dell'Esortazione apostolica "Redemptoris Custos", di San Giovanni Paolo II, antepone ora la paternità al matrimonio, chiara testimonianza dello sviluppo della teologia di San Giuseppe, che non diminuisce, tuttavia, l'importanza teologica del matrimonio di Maria e Giuseppe, giù celebrato con la festa liturgica fin dal secolo XV.<ref>Cf. T. Stramare, ''Il matrimonio della Madre di Dio: i Santi Sposi'', Stimmatine, Verona 2001.</ref>
Nella seconda strofa, la maternità di Maria è interpretata secondo la "tesi del sospetto", causa dell'angoscioso dubbio di Giuseppe; ne segue logicamente che all'angelo è affidato il compito di rivelare la divina sorgente del concepimento del Bambino. Anche su questo argomento si fa sempre più spazio, attraverso un'esegesi più attenta ai Misteri della vita di Cristo, la "tesi del rispetto". <ref>Cf. T. Stramare, ''Vangelo dei Misteri della vita nascosta di Gesù (Matteo e Luca I-II)'', Sardini, Bornato in Franciacorta (BS) 1998, 133ss.</ref> La paternità di Giuseppe, esclusa dal concepimento, è, tuttavia, pienamente riconosciuta nel suo esercizio. Giuseppe serve, infatti, il mistero dell'Incarnazione, accogliendo Gesù come figlio, custodendolo e proteggendolo. L'accoglienza è dolcemente espressa nel verbo "''stringis''", che colloca il Neonato come figlio tra le braccia paterne. L'esercizio della paternità è dimostrato soprattutto attraverso i momenti più tragici e dolorosi della vita del bambino Gesù: la fuga in Egitto e lo smarrimento a Gerusalemme. Nella vita di San Giuseppe si sono tra loro mescolati "gioie e dolori", come la pietà dei fedeli contunua continua a ricordare in una pia pratica che risale al secolo XVI.
L'ammirazione verso il "Transito" di San Giuseppe, manifestata nella quarta strofa, ha le sue profonde radici fin nella Chiesa giudeo-cristiana, come è testimoniato dalla "Storia di Giuseppe il falegname"<ref>Cf. A. Battista - B. Bagatta, ''"Historia Iosephi fabri lignarii"''. Testo arabo, Jerusalem 1978, con ampia bibliografia.</ref>. San Giuseppe non è paragonabile agli altri Santi, che debbono aspettare fino alla morte per "godere Dio". Il destino di Giuseppe, infatti, è stato certamente "più beato" di quello di qualsiasi altro, dal momento che egli ha potuto, insieme con Maria, "godere Dio", "pari ai Celesti", già da "vivente" su questa terra. La ragione di tutto questo è certamente il mistero dell'Incarnazione - "il Verbo si è fatto carne" (Gv 1, 14) -, al quale Giuseppe "ha partecipato, come nessun'altra persona umana, ad eccezione di Maria, la Madre del Verbo incarnato. Egli vi partecipò insieme con lei, coinvolto nella realtà dello stesso evento salvifico"<ref>San Giovanni Paolo II, ''Redemptoris Custos'' (RC), 1</ref>. La singolarità del ruolo di San Giuseppe nel mistero dell'incarnazione non è mai sfuggita al "senso" dei fedeli. Ed è proprio sui "meriti" di questo "ministro della salvezza", il quale, come è già affermato all'inizio dell'inno, è "splendente" (clarus) di meriti, che si appoggia davanti alla SS. Trinità la fiducia della preghiera della Chiesa.
== Testo e traduzioni ==