Differenze tra le versioni di "Sacris solemniis (Panis Angelicus)"

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; '''Traduzione in lingua italiana'''
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; '''Traduzione in lingua italiana'''<ref>La traduzione in italiano, mantenendo la rima, è stata effettuata da Don Giuseppe Riva.Tratto dal Manuale di Filotea di Don Giuseppe Riva.</ref>
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''testo''<br />
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Ai riti solenni la gloria risponda;<br />
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si esterni quel gaudio che il cuore ci innonda<br />
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del patto vetusto non più si favelli,<br />
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sol cantisi il metro dei riti novelli;<br />
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Sia nuova ogni cosa nel labbro, nel cuore,<br />
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nell’opra che spieghi dell’alma il fervore.<br />
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La notte ricordasi dell’ultima cena,<br />
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lorquando con fronte tra mesta e serena,<br />
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coll’azzimo pane, Dio fatto mortale<br />
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mangiò co’suoi fidi l’agnello pasquale,<br />
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secondo la legge già data a Israele,<br />
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quand’era in Egitto suo servo fedele.<br />
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Compiuta la cena col tipico agnello,<br />
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Diè Cristo ai discepoli un Agno novello<br />
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Nel divo suo corpo, che ombrato dal pane,<br />
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spartito anche in fustoli intatto rimane,<br />
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e ognun lo riceve sì inter, sì grazioso<br />
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qual è su nel ciel Dio-Uomo glorioso.<br />
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Diè Cristo il suo corpo qual cibo ai suoi cari,<br />
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e il sacro suo Sangue lo porse del pari,<br />
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qual bibita in tazza, dicendo, bevete<br />
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voi tutti del vino che quivi vedete,<br />
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Così il sacrificio si vide istituito,<br />
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quel sol che all’Altissimo tornar può gradito<br />
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e ai soli Presbiteri fidossi l’uffizio<br />
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di poi rinnovare sì gran benefizio,<br />
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perché sen giovassero i primi suoi unti,<br />
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poi quanti lor fossero per fede congiunti.<br />
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Il pane degli angioli è fatto alimento<br />
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D’ogni uom che partecipa al gran Sacramento<br />
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Col pane celeste la fine si assegna<br />
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Ad ogni figura di Dio non più degna,<br />
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stupendo prodigio! A un vil servitore<br />
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sé stesso da in pascolo l’eterno Signore.<br />
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Dio unico e Trino che umil t’adora<br />
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Di ambita e perpetua tua visita onora,<br />
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sicché le tue vie, battendo costante,<br />
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la meta raggiunga cui sempre è anelante,<br />
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e quella gran gloria in cui in ciel ti circonda<br />
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su ognun de’tuoi servi sempre si effonda.<br />
  
 
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Versione delle 19:28, 6 apr 2020

Tratto da WikiPedia.org

Sacris solemniis è un inno liturgico ed eucaristico cattolico composto da San Tommaso d'Aquino per il mattutino[1] della festa del Corpus Domini.

San Tommaso fu incaricato da papa Urbano IV di comporre l'intera liturgia per la festa del Corpus Domini, che fu introdotta nel 1264. Lo stesso inno compare anche nel mattutino dell'Ufficio votivo del Santissimo Sacramento.

Panis Angelicus è il primo verso della penultima strofa dell'inno latino Sacris solemniis. L'inno fa parte di una liturgia completa scritta per la solennità del Corpus Domini, sia per la Messa che per l'Ufficio.

La strofa che comincia con le parole Panis angelicus ("pane degli angeli") è stata spesso musicata separatamente dal resto dell'inno. La versione più famosa è quella di César Franck, che nel 1872 scrisse una partitura per tenore, organo, arpa, violoncello e contrabbasso; in seguito incorporò l'inno nella sua Messe à trois voix (Op. 12). La sua esecuzione più celebre fu quella di John McCormack al Phoenix Park di Dublino, ma l'inno è stato cantato, tra gli altri, da Luciano Pavarotti, Plácido Domingo, Roberto Alagna, Andrea Bocelli, Vic Damone, come anche dai soprani Magda Olivero e Renata Tebaldi.

Il fenomeno per cui una strofa di Sacris solemniis è stata presa separatamente dal resto del canto è accaduto anche con altri inni dell'Aquinate per il Corpus Domini: Verbum supernum prodiens (le cui ultime due strofe iniziano con O salutaris Hostia) e Pange lingua (le cui ultime due strofe iniziano con Tantum ergo).

Testo e traduzioni

Testo latino

Sacris solemniis juncta sint gaudia,
Et ex præcordiis sonent præconia;
Recedant vetera, nova sint omnia,
Corda, voces, et opera.

Noctis recolitur cœna novissima,
Qua Christus creditur agnum et azyma
Dedisse fratribus, juxta legitima
Priscis indulta patribus.

Post agnum typicum, expletis epulis,
Corpus Dominicum datum discipulis,
Sic totum omnibus, quod totum singulis,
Ejus fatemur manibus.

Dedit fragilibus corporis ferculum,
Dedit et tristibus sanguinis poculum,
Dicens: accipite quod trado vasculum;
Omnes ex eo bibite.

Sic sacrificium istud instituit,
Cujus officium committi voluit
Solis presbyteris, quibus sic congruit,
Ut sumant, et dent ceteris.

(Panis Angelicus)
Panis angelicus fit panis hominum;
Dat panis cœlicus figuris terminum;
O res mirabilis: manducat Dominum
Pauper, servus et humilis.

Te, trina Deitas unaque, poscimus:
Sic nos tu visita, sicut te colimus;
Per tuas semitas duc nos quo tendimus,
Ad lucem, quam inhabitas.
Amen.
Traduzione in lingua italiana[2]

Ai riti solenni la gloria risponda;
si esterni quel gaudio che il cuore ci innonda
del patto vetusto non più si favelli,
sol cantisi il metro dei riti novelli;
Sia nuova ogni cosa nel labbro, nel cuore,
nell’opra che spieghi dell’alma il fervore.

La notte ricordasi dell’ultima cena,
lorquando con fronte tra mesta e serena,
coll’azzimo pane, Dio fatto mortale
mangiò co’suoi fidi l’agnello pasquale,
secondo la legge già data a Israele,
quand’era in Egitto suo servo fedele.

Compiuta la cena col tipico agnello,
Diè Cristo ai discepoli un Agno novello
Nel divo suo corpo, che ombrato dal pane,
spartito anche in fustoli intatto rimane,
e ognun lo riceve sì inter, sì grazioso
qual è su nel ciel Dio-Uomo glorioso.

Diè Cristo il suo corpo qual cibo ai suoi cari,
e il sacro suo Sangue lo porse del pari,
qual bibita in tazza, dicendo, bevete
voi tutti del vino che quivi vedete,
e in mia rimembranza poi fate altrettanto
piamente rimembrando tali giorni di pianto.

Così il sacrificio si vide istituito,
quel sol che all’Altissimo tornar può gradito
e ai soli Presbiteri fidossi l’uffizio
di poi rinnovare sì gran benefizio,
perché sen giovassero i primi suoi unti,
poi quanti lor fossero per fede congiunti.

Il pane degli angioli è fatto alimento
D’ogni uom che partecipa al gran Sacramento
Col pane celeste la fine si assegna
Ad ogni figura di Dio non più degna,
stupendo prodigio! A un vil servitore
sé stesso da in pascolo l’eterno Signore.

Dio unico e Trino che umil t’adora
Di ambita e perpetua tua visita onora,
sicché le tue vie, battendo costante,
la meta raggiunga cui sempre è anelante,
e quella gran gloria in cui in ciel ti circonda
su ognun de’tuoi servi sempre si effonda.

Spartiti musicali

Spartito gregoriano, impaginato su foglio formato A4:

600px

Spartito disponibile in formato PDF impaginato su foglio A4, Media:xxx.pdf

Video

Versione tratta dal Liber Usualis (1961), p. pp. 880-881, cantata dai monaci benedettini di Santo Domingo de Silos.

Codice sorgente GABC

codice

Bibliografia

Note

  1. ↑ Corrisponde all'odierno Ufficio delle Letture, in cui l'inno è conservato ma reso alternativo ad un testo in lingua volgare. Nell'edizione della Liturgia delle Ore, a differenza di quella del Breviario romano le prime parole dell'inno sono però Sacris sollemniis: questa è l'unica modifica rispetto al testo del Breviario.
  2. ↑ La traduzione in italiano, mantenendo la rima, è stata effettuata da Don Giuseppe Riva.Tratto dal Manuale di Filotea di Don Giuseppe Riva.
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