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Musicam Sacram

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41. A norma della Costituzione sulla sacra Liturgia, secondo la secolare tradizione del rito latino, per i chierici sia conservata nell’Ufficio divino, celebrato in coro, la lingua latina<ref>Cfr. SC 101 § 1; Int Oec. 85.</ref>.
Ma poiché la stessa Costituzione sulla sacra Liturgia prevede l’uso della lingua volgare nell’Ufficio divino, sia per i fedeli che per le monache e i membri, non chierici, degli Istituti che professano i consigli evangelici[25]<ref>Cfr. SC 101 §§ 2 e 3.</ref>, si curi la preparazione delle melodie da usarsi nel canto dell’Ufficio divino in lingua volgare.
=== V. La musica sacra nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali, in particolari azioni sacre dell’anno liturgico, nelle sacre celebrazioni della parola di Dio e nei pii e sacri esercizi ===
42. Secondo il principio enunciato dal Concilio, che cioè «ogni volta i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria caratterizzata dalla presenza e dalla partecipazione attiva dei fedeli, questa sia da preferirsi alla celebrazione individuale e quasi privata»[26]<ref>Cfr. SC 27.</ref>, ne consegue necessariamente l’importanza da attribuire al canto, come mezzo quanto mai adatto a manifestare l’aspetto «ecclesiale» della celebrazione.
43. Alcune celebrazioni dei Sacramenti e dei Sacramentali che hanno particolare importanza nella vita dell’intera comunità parrocchiale, come la Cresima, le Sacre Ordinazioni, il Matrimonio, la Consacrazione di una chiesa o di un altare, le esequie, ecc., per quanto è possibile, si svolgano in canto, in modo che anche la solennità del rito contribuisca ad una maggiore efficacia pastorale. Si abbia però molta cura nell’evitare che, sotto le apparenze della solennità, si introduca nelle celebrazioni alcunché di puramente profano o di meno conveniente al culto divino: ciò si applica specialmente alla celebrazione dei matrimoni.
46. Grande è l’efficacia della musica sacra nell’alimentare la pietà dei fedeli anche nelle sacre celebrazioni della parola di Dio e nei pii e sacri esercizi.
Nelle sacre celebrazioni della parola di Dio[27] <ref>Cfr. Int. Oec. 37-39.</ref> si prenderà come esempio la liturgia della Parola della Messa[28]<ref>Cfr. Int. Oec. 37.</ref>; nei pii e sacri esercizi saranno di grande utilità specialmente i salmi, le opere di musica sacra tratte dal repertorio antico e moderno, i canti religiosi popolari e il suono dell’organo e di altri strumenti più caratteristici. Inoltre in questi pii e sacri esercizi e specialmente nelle sacre celebrazioni della Parola di Dio, si possono benissimo ammettere anche alcune opere musicali le quali, benché non abbiano più posto nella liturgia, possono tuttavia nutrire lo spirito religioso e favorire la meditazione dei misteri sacri[29]<ref>Cfr. più avanti, n. 53.</ref>.
=== VI. Quale lingua usare nelle azioni liturgiche celebrate in canto, e come conservare il patrimonio di musica sacra ===
47. A norma della Costituzione sulla sacra Liturgia, «l’uso della lin­gua latina, salvo diritti particolari, venga conservato nei riti latini»[30]<ref>SC 36 § 1.</ref>. Dato però che «non di rado l’uso della lingua volgare può riuscire di grande utilità per il popolo»[31]<ref>SC 36 § 2.</ref>, « spetta alla competente autorità ecclesiastica territoriale, decidere circa l’adozione e la misura della lingua volgare. Tali decisioni devono essere approvate o ratificate dalla Sede Apostolica»[32]<ref>SC 36 § 3.</ref>.
Perciò, nel pieno rispetto di queste norme, si sceglierà la forma di partecipazione che meglio risponde alle possibilità di ciascuna assemblea.
Curino i pastori d’anime che, oltre che in lingua volgare, «i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti che loro spettano dell’Ordinario della Messa»[33]<ref>SC 54; Int Oec. 59.</ref>.
48. Là dove è stato introdotto l’uso della lingua volgare nella celebrazione della Messa, gli Ordinari del luogo giudichino dell’opportunità di conservare una o più Messe in lingua latina, specialmente in canto, in alcune chiese, soprattutto delle grandi città, ove più numerosi vengono a trovarsi fedeli di diverse lingue.
50. Nelle azioni liturgiche in canto celebrate in lingua latina:
a) Al canto gregoriano, come canto proprio della liturgia romana, si riservi, a parità di condizioni, il primo posto[34]<ref>Cfr. SC 116.</ref>. Le melodie esistenti nelle edizioni tipiche si usino nel modo più opportuno.
b) «Conviene inoltre che si prepari un’edizione che contenga melodie più semplici, ad uso delle chiese minori»[35]<ref>SC 117.</ref>.
c) Le composizioni musicali di altro genere, a una o più voci, appartenenti al patrimonio tradizionale, o contemporanee, siano tenute in onore, si incrementino e si eseguano secondo la possibilità[36]<ref>Cfr. SC 116.</ref>.
51. Inoltre, tenendo presenti le condizioni dell’ambiente, l’utilità pastorale dei fedeli e la natura di ogni lingua, vedano i pastori di anime se — oltre che nelle azioni liturgiche celebrate in latino — parti del patrimonio di musica sacra, composta nei secoli precedenti per testi in lingua latina, possano usarsi anche nelle celebrazioni fatte in lingua volgare. Niente infatti impedisce che in una stessa celebrazione si cantino alcune parti in un’altra lingua.
52. Per conservare il patrimonio della musica sacra e per favorire debitamente le nuove forme del canto sacro, «si curi molto la formazione e la pratica musicale nei seminari, nei noviziati dei religiosi e delle religiose e nei loro studentati, come pure negli istituti e scuole cattoliche in genere», specialmente presso gli Istituti superiori creati a questo scopo[37]<ref>SC 115.</ref>. Si incrementi prima di tutto lo studio e l’uso del canto gregoriano che, per le sue caratteristiche, è una base importante nella educazione alla musica sacra.
53. Le nuove composizioni di musica sacra si conformino fedelmente ai principi e alle norme esposte. Perciò «abbiano le caratteristiche della vera musica sacra; e possano essere cantate non solo dalle maggiori Scholae Cantorum, ma convengano anche alle Scholae minori, e favoriscano la partecipazione attiva di tutta l’assemblea dei fedeli»[38]<ref>SC 121.</ref>.
Per quanto riguarda il repertorio tradizionale, prima di tutto si mettano in luce quelle parti che rispondono alle esigenze della sacra Liturgia rinnovata; gli esperti in materia considerino inoltre attenta­mente se anche altre parti possono adattarsi alle stesse esigenze; quanto infine assolutamente non risponde alla natura dell’azione liturgica o alla sua conveniente celebrazione pastorale, si trasferisca opportunamente ai pii esercizi e, più ancora, alle sacre celebrazioni della Parola di Dio[39]<ref>Cfr. sopra, n.46.</ref>.
=== VII. La preparazione delle melodie per i testi in lingua volgare ===
56. Tra le melodie da prepararsi per i testi in volgare, hanno particolare importanza quelle proprie del sacerdote celebrante e dei ministri, sia che le debbano cantare da soli o insieme all’assemblea o in dialogo con essa. Nel comporle, i musicisti vedano se le melodie tradizionali della liturgia latina, usate a questo scopo, possano suggerire delle melodie anche per i testi in lingua volgare.
57. Le nuove melodie per il sacerdote e i ministri devono essere approvate dalla Autorità territoriale competente[40]<ref>Cfr. Int. Oec. 42.</ref>.
58. Le Conferenze Episcopali interessate facciano in modo che ci sia un’unica traduzione per ogni lingua parlata in più regioni. E pure conveniente che ci siano, per quanto è possibile, una o più melodie comuni per le parti che spettano al sacerdote celebrante e ai ministri e per le risposte e le acclamazioni del popolo; e ciò per favorire la partecipazione comune dei fedeli di una stessa lingua.
59. I compositori si accingano alla nuova opera con l’impegno di continuare quella tradizione musicale che ha donato alla Chiesa un vero patrimonio per il culto divino. Studino le opere del passato, i loro generi e le loro caratteristiche, ma considerino attentamente anche le nuove leggi e le nuove esigenze della sacra Liturgia, così che « le nuove forme risultino come uno sviluppo organico di quelle già esistenti»[41]<ref>SC 23.</ref>, e le nuove opere formino una nuova parte del patrimonio musicale della Chiesa, non indegne di stare a fianco del patrimonio del passato.
60. Le nuove melodie per i testi in lingua volgare hanno certamente bisogno di un periodo di esperienza per poter raggiungere sufficiente maturità e perfezione. Tuttavia si deve evitare che, anche soltanto con il pretesto di compiere degli esperimenti, si facciano nelle chiese tentativi che disdicano alla santità del luogo, alla dignità dell’azione liturgica e alla pietà dei fedeli.
61. L’adattamento della musica sacra nelle regioni che hanno una propria tradizione musicale, specialmente nelle Missioni[42]<ref>Cfr. SC 119.</ref>, esige una particolare preparazione da parte dei periti: si tratta infatti di saper fondere opportunamente il senso del sacro con lo spirito, le tradizioni e le espressioni caratteristiche di quei popoli. Coloro che si dedicano a quest’opera devono avere una sufficiente cognizione sia della liturgia e della tradizione musicale della Chiesa, che della lingua, del canto popolare e delle espressioni caratteristiche dei popoli in favore dei quali prestano la loro opera.
=== VIII. La musica sacra strumentale ===
62. Gli strumenti musicali possono essere di grande utilità nelle sacre celebrazioni, sia che accompagnino il canto sia che si suonino soli. «Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiun­gere una notevole grandiosa solennità alle cerimonie della Chiesa e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti.
Altri strumenti, poi, si possono ammettere nel culto divino, a giudizio e con il consenso della competente autorità ecclesiastica territoriale, purché siano adatti all’uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del luogo sacro e favoriscano veramente l’edificazione dei fedeli»[43]<ref>SC 120.</ref>.
63. Nel permettere l’uso degli strumenti musicali e nella loro utilizzazione si deve tener conto dell’indole e delle tradizioni dei singoli popoli. Tuttavia gli strumenti che, secondo il giudizio e l’uso comune, sono propri della musica profana, siano tenuti completamente al di fuori di ogni azione liturgica e dai pii e sacri esercizi<ref>Cfr. S. Congr. dei Riti, Istr. sulla musica sacra e la sacra Liturgia, 70 (AAS 50 [441958]652).</ref>. Tutti gli strumenti musicali, ammessi al culto divino, si usino in modo da rispondere alle esigenze dell’azione sacra e servire al decoro del culto divino e alla edificazione dei fedeli.
64. L’uso di strumenti musicali per accompagnare il canto, può sostenere le voci, facilitare la partecipazione e rendere più profonda dell’assemblea. Tuttavia il loro suono non deve coprire le voci, rendendo difficile la comprensione del testo; anzi gli strumenti musicali tacciano quando il sacerdote celebrante o un ministro, nell’esercizio del loro ufficio, proferiscono ad alta voce un testo loro proprio.
66. Il suono, da solo, di questi stessi strumenti musicali non è consentito in Avvento, in Quaresima, durante il Triduo sacro, nelle messe e negli uffici dei defunti.
67. È indispensabile che gli organisti e gli altri musicisti, oltre a possedere un’adeguata perizia nell’usare il loro strumento, conoscano e penetrino intimamente lo spirito della sacra liturgia in modo che, anche dovendo improvvisare, assicurino il decoro della sacra celebrazione, secondo la vera natura delle sue varie parti, e favoriscano la partecipazione dei fedeli[45]<ref>Cfr. sopra, nn. 24-25.</ref>.
=== IX. Le commissioni per la musica sacra ===
Devono perciò esistere, per quanto è possibile, in ogni diocesi, e operare in stretta collaborazione con la Commissione liturgica. Anzi sarà spesso opportuno che delle due commissioni se ne formi una sola, composta di esperti nell’una e nell’altra disciplina; ciò aiuterà a conseguire più facilmente il risultato voluto. Si raccomanda anche vivamente che più diocesi insieme costituiscano una unica Commissione, se ciò sembrerà più utile, per creare maggiore uniformità in una stessa regione e collocare più fruttuosamente le forze disponibili.
69. La Commissione liturgica, che si consiglia di istituire presso la Conferenza episcopale[46]<ref>Cfr. SC 44.</ref>, si interessi anche della musica sacra; includa perciò tra i suoi membri degli esperti di musica sacra. È bene che questa commissione si tenga in relazione non solo con le Commissioni diocesane, ma anche con le altre associazioni musicali esistenti nella regione. Lo stesso vale anche per l’Istituto pastorale liturgico di cui si tratta nell’art. 44 della Costituzione.
Questa Istruzione è stata approvata dal Santo Padre Paolo VI, nell’udienza concessa a Sua Eminenza il Cardinale Arcadio M. Larraona, Prefetto di questa Sacra Congregazione, il 9 febbraio 1967. Il Santo Padre l’ha pure confermata con la sua autorità, ed ha ordinato che fosse pubblicata, fissandone l’entrata in vigore per il giorno 14 maggio 1967, domenica di Pentecoste. Nonostante qualsiasi disposizione in contrario.

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