Modifiche

Jump to navigation Jump to search

Musicam Sacram

1 628 byte aggiunti, 9 mesi fa
nessun oggetto della modifica
<!-- Donazione -->
<center>
{| style="margin: 1em 0 0; border: 1px solid gray; padding: 2px; background: #ff0000;"
| style="width: 50%; padding: 0 1em; background: #ff0000; vertical-align: top;" |
<!--colonna sinistra-->
 
<big><p style="text-align:center">[[Donazioni|<span style="color:#000000"><b>VUOI LASCIARE UNA PICCOLA DONAZIONE?</b></span>]]</p></big>
|}</center><!-- Fine Donazione -->
''Tratto da WikiPedia.org''
=== I. ALCUNE NORME GENERALI ===
5. L’azione liturgica riveste una forma più nobile quando è celebrata in canto, con i ministri di ogni grado che svolgono il proprio ufficio, e con la partecipazione del popolo[4]<ref>Cfr. SC 128.</ref>. In questa forma di celebrazione, infatti, la preghiera acquista un’espressione più gioiosa, il mistero della sacra Liturgia e la sua natura gerarchica e comunitaria vengono manifestati più chiaramente, l’unità dei cuori è resa più profonda dall’unità delle voci, gli animi si innalzano più facilmente alle cose celesti per mezzo dello splendore delle cose sacre, e tutta la celebrazione prefigura più chiaramente la liturgia che si svolge nella Gerusalemme celeste.
Perciò i pastori di anime si sforzino in ogni modo di realizzare questa forma di celebrazione; anzi, sappiano convenientemente applicare, anche alle celebrazioni senza canto, cui il popolo partecipa, la distribuzione degli uffici e delle parti, propria dell’azione liturgica celebrata in canto, curando soprattutto che vi siano i ministri necessari e idonei e sia favorita la partecipazione attiva dei fedeli. La preparazione pratica di ogni celebrazione liturgica si faccia d’accordo tra tutti coloro che devono curare la parte rituale o pastorale o del canto, sotto la guida del rettore della chiesa.
6. L’ordinamento autentico della celebrazione liturgica presuppone anzitutto la debita divisione ed esecuzione degli uffici, per cui «ciascuno, ministro o semplice fedele, svolgendo il proprio ufficio, si limiti a compiere tutto e soltanto ciò che, secondo la natura del rito e le norme liturgiche, è di sua competenza»[5] <ref>Cfr. SC 28.</ref> richiede inoltre che si rispetti il senso e la natura propria di ciascuna parte e di ciascun canto. Per questo è necessario in particolare che le parti, che di per sé richiedono il canto, siano di fatto cantate, usando tuttavia il genere e la forma richiesti dalla loro natura.
7. Tra la forma solenne più completa delle celebrazioni liturgiche, nella quale tutto ciò che richiede il canto viene di fatto cantato, e la forma più semplice, nella quale non si usa il canto, si possono avere diversi gradi, a seconda della maggiore o minore ampiezza che si attribuisce al canto. Tuttavia nello scegliere le parti da cantarsi si cominci da quelle che per loro natura sono di maggiore importanza: prima di tutto quelle spettanti al sacerdote e ai ministri, cui deve rispondere il popolo, o che devono essere cantate dal sacerdote insieme con il popolo; si aggiungano poi gradualmente quelle che sono proprie dei soli fedeli o della sola «schola cantorum».
8. Ogni volta che, per una celebrazione liturgica in canto, si può fare una scelta di persone, è bene dar la preferenza a coloro che sono più capaci nel canto; e ciò soprattutto quando si tratta di azioni liturgiche più solenni, di celebrazioni che comportano un canto più difficile o che vengono trasmesse per radio o per televisione<ref>S. Congr. dei Riti, Istr. sulla musica sacra e la sacra Liturgia, n. 95 (AAS 50 [61958]656-657).</ref>.
Se poi questa scelta non è possibile, e il sacerdote o il ministro non è capace di eseguire convenientemente le parti di canto, questi può recitare ad alta voce, declamando, l’una o l’altra delle parti più difficili a lui spettanti; ma ciò non deve favorire solo la comodità del sacerdote o del ministro.
9. Nello scegliere il genere di musica sacra, sia per la «schola cantorum» che per i fedeli, si tenga conto delle possibilità di coloro che devono cantare. La Chiesa non esclude dalle azioni liturgiche nessun genere di musica sacra, purché corrisponda allo spirito dell’azione liturgica e alla natura delle singole parti[7]<ref>Cfr. SC 116.</ref>, e non impedisca una giusta partecipazione dei fedeli[8]<ref>Cfr. SC 28.</ref>.
10. Perché i fedeli partecipino attivamente alla liturgia più volentieri e con maggior frutto, conviene che le forme di celebrazione e i gradi di partecipazione siano opportunamente variati, per quanto è possibile, secondo la solennità dei giorni e delle assemblee.
11. Si tenga presente che la vera solennità di un’azione liturgica dipende non tanto dalla forma più ricca del canto e dall’apparato più fastoso delle cerimonie, quanto piuttosto dal modo degno e religioso della celebrazione, che tiene conto dell’integrità dell’azione liturgica, dell’esecuzione cioè di tutte le sue parti, secondo la loro natura. La forma più ricca del canto e l’apparato più fastoso delle cerimonie sono sì qualche volta desiderabili, quando cioè vi sia la possibilità di fare ciò nel modo dovuto; sarebbero tuttavia contrari alla vera solennità dell’azione liturgica, se portassero ad ometterne qualche elemento, a mutarla o a compierla in modo indebito.
12. Alla sola Sede Apostolica compete di stabilire, secondo le norme tradizionali, ma specialmente secondo la Costituzione sulla sacra Liturgia, i principi generali più importanti, che sono come il fondamento della musica sacra. Tale diritto spetta, entro i limiti stabiliti, anche alle Conferenze Episcopali, legittimamente costituite, e al Vescovo[9]<ref>Cfr. SC 22.</ref>.
=== II. I partecipanti alle celebrazioni liturgiche ===
13. Le azioni liturgiche sono celebrazioni della Chiesa, cioè del popolo santo radunato e ordinato sotto la guida del Vescovo o del sacerdote[10]<ref>Cfr. SC 26 e 41-42, LG 28.</ref>. In esse hanno un posto particolare, per il sacro ordine ricevuto, il sacerdote e i suoi ministri; e, per l’ufficio che svolgono, i ministranti, il lettore, il commentatore e i membri della «schola cantorum»[11]<ref>Cfr. SC29.</ref>.
14. Il sacerdote presiede la santa assemblea in persona di Cristo. Le preghiere che egli canta o dice ad alta voce, poiché proferite in nome di tutto il popolo santo e di tutti gli astanti[12]<ref>Cfr. SC 33</ref>,devono essere da tutti ascoltate religiosamente.
15. I fedeli adempiono il loro ufficio liturgico per mezzo di quella piena, consapevole e attiva partecipazione che è richiesta dalla natura stessa della Liturgia e alla quale il popolo cristiano ha diritto e dovere in forza del battesimo[13]<ref>Cfr. SC 14.</ref>.
Questa partecipazione:
a) deve essere prima di tutto interna: e per essa i fedeli conformano la loro mente alle parole che pronunziano o ascoltano, e cooperano con la grazia divina[14]<ref>Cfr. SC 11.</ref>;
b) deve però essere anche esterna: e con questa manifestano la partecipazione interna attraverso i gesti e l’atteggiamento del corpo, le acclamazioni, le risposte e il canto[15]<ref>Cfr. SC 31.</ref>;
Si educhino inoltre i fedeli a saper innalzare la loro mente a Dio attraverso la partecipazione interiore, mentre ascoltano ciò che i ministri o la «schola» cantano.
16. Non c’è niente di più solenne e festoso nelle sacre celebrazioni di una assemblea che, tutta, esprime con il canto la sua pietà e la sua fede. Pertanto la partecipazione attiva di tutto il popolo, che si manifesta con il canto, si promuova con ogni cura, seguendo questo ordine:
a) Comprenda prima di tutto le acclamazioni, le risposte ai saluti del sacerdote e dei ministri e alle preghiere litaniche; inoltre le antifone e i salmi, i versetti intercalari o ritornelli, gli inni e i cantici[16]<ref> Cfr. SC 30.</ref>.
b) Con una adatta catechesi e con esercitazioni pratiche si conduca gradatamente il popolo ad una sempre più ampia, anzi fino alla piena partecipazione a tutto ciò che gli spetta.
c) Si potrà tuttavia affidare alla sola «schola» alcuni canti del popolo, specialmente se i fedeli non sono ancora sufficientemente istruiti, o quando si usano composizioni musicali a più voci, purché il popolo non sia escluso dalle altre parti che gli spettano. Ma non è da approvarsi l’uso di affidare per intero alla sola «schola cantorum» tutte le parti cantate del «Proprio» e dell’« Ordinario», escludendo completamente il popolo dalla partecipazione nel canto.
17. Si osservi anche, a tempo debito, il sacro silenzio[17] <ref>Cfr. SC 30.</ref> per esso, infatti, i fedeli non sono ridotti a partecipare all’azione liturgica come estranei e muti spettatori, ma si inseriscono più intimamente nel mistero che si celebra, in forza delle disposizioni interne, che derivano dalla Parola di Dio che si ascolta, dai canti e dalle preghiere che si pronunziano, e dall’unione spirituale con il sacer­dote che proferisce le parti a lui spettanti.
18. Tra i fedeli siano istruiti con speciale cura nel canto sacro i membri delle associazioni religiose di laici, affinché contribuiscano più efficacemente a sostenere e promuovere la partecipazione dei fedeli[18]<ref>Cfr. Int. OEc. 19 e 59.</ref>. La formazione di tutti i fedeli al canto sia promossa con zelo e pazienza, insieme alla formazione liturgica, secondo l’età, la condizione, il genere di vita e il grado di cultura religiosa dei fedeli stessi, iniziando già dai primi anni di istruzione nelle scuole elementari<ref>Cfr. SC 19; S. Congr. dei Riti, Istr. sulla musica sacra e la sacra Liturgia, nn. 106-108 (AAS 50 [191958]660).</ref>.
19. È degno di particolare attenzione, per il servizio liturgico che svolge, il «coro» o «cappella musicale» o «schola cantorum».
a) chiaramente appaia la sua natura: che essa cioè fa parte dell’assemblea dei fedeli e svolge un suo particolare ufficio;
b) sia facilitata l’esecuzione del suo ministero liturgico[20]<ref>Cfr. Int. Oec 97.</ref>;
c) sia assicurata a ciascuno dei suoi membri la comodità di partecipare alla Messa nel modo più pieno, cioè attraverso la partecipazione sacramentale.
25. Ad assicurare più facilmente questa formazione tecnica e spirituale, prestino la loro opera le associazioni diocesane, nazionali ed internazionali di musica sacra, e specialmente quelle approvate e più volte raccomandate dalla Sede Apostolica.
26. Il sacerdote celebrante, i ministri sacri o i ministranti, il lettore, i membri della «schola cantorum» e il commentatore proferiscano le parti loro assegnate in modo ben intelligibile, così da rendere più faci­le e quasi naturale la risposta dei fedeli, quando è richiesta dal rito. È bene che il sacerdote e i ministri di ogni grado uniscano la propria voce alla voce di tutta l’assemblea nelle parti spettanti al popolo[21]<ref>Cfr. Int. Oec 48b.</ref>.
=== III. Il canto nella celebrazione della messa ===
— L’Agnus Dei può essere ripetuto quante volte è necessario, specialmente nella celebrazione, durante la frazione del Pane. E bene che il popolo partecipi a questo canto, almeno con l’invocazione finale.
35. È conveniente che il Pater noster sia cantato dal popolo insieme al sacerdote[22]<ref> Cfr. Int. Oec. 48 g.</ref>. Se è cantato in latino, si usino le melodie approvate già esistenti; se si canta in lingua volgare, le melodie devono essere approvate dalla competente autorità territoriale.
36. Nulla impedisce che nelle Messe lette si canti qualche parte del «Proprio» o dell’« Ordinario». Anzi talvolta si possono usare anche altri canti all’inizio, all’offertorio, alla comunione e alla fine della Messa: non è però sufficiente che siano canti «eucaristici», ma devono convenire con quel particolare momento della Messa, con la festa o con il tempo liturgico.
=== IV. Il canto dell’ufficio divino ===
37. La celebrazione in canto dell’Ufficio divino è la forma che maggiormente si addice alla natura di questa preghiera ed è segno di una più completa solennità e di una più profonda unione dei cuori nel celebrare la lode di Dio. Secondo il desiderio espresso dalla Costituzione sulla sacra Liturgia, questa forma è caldamente raccomandata a coloro che celebrano l’Ufficio divino in coro o in comune[23]<ref>Cfr. SC 99.</ref>.
È bene che essi cantino almeno qualche parte dell’Ufficio divino e in particolare le Ore principali, cioè le Lodi e i Vespri, soprattutto la domenica e i giorni festivi.
40. Questa iniziazione sarà assicurata in modo particolare ai membri degli Istituti che professano i consigli evangelici, affinché da essa attingano ricchezze più abbondanti per alimentare la loro vita spirituale. Ed è bene che essi celebrino anche in canto, per quanto è possibile, le Ore principali, per partecipare più intensamente alla preghiera pubblica della Chiesa.
41. A norma della Costituzione sulla sacra Liturgia, secondo la secolare tradizione del rito latino, per i chierici sia conservata nell’Ufficio divino, celebrato in coro, la lingua latina[24]<ref>Cfr. SC 101 § 1; Int Oec. 85.</ref>.
Ma poiché la stessa Costituzione sulla sacra Liturgia prevede l’uso della lingua volgare nell’Ufficio divino, sia per i fedeli che per le monache e i membri, non chierici, degli Istituti che professano i consigli evangelici[25]<ref>Cfr. SC 101 §§ 2 e 3.</ref>, si curi la preparazione delle melodie da usarsi nel canto dell’Ufficio divino in lingua volgare.
=== V. La musica sacra nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali, in particolari azioni sacre dell’anno liturgico, nelle sacre celebrazioni della parola di Dio e nei pii e sacri esercizi ===
42. Secondo il principio enunciato dal Concilio, che cioè «ogni volta i riti comportano, secondo la particolare natura di ciascuno, una celebrazione comunitaria caratterizzata dalla presenza e dalla partecipazione attiva dei fedeli, questa sia da preferirsi alla celebrazione individuale e quasi privata»[26]<ref>Cfr. SC 27.</ref>, ne consegue necessariamente l’importanza da attribuire al canto, come mezzo quanto mai adatto a manifestare l’aspetto «ecclesiale» della celebrazione.
43. Alcune celebrazioni dei Sacramenti e dei Sacramentali che hanno particolare importanza nella vita dell’intera comunità parrocchiale, come la Cresima, le Sacre Ordinazioni, il Matrimonio, la Consacrazione di una chiesa o di un altare, le esequie, ecc., per quanto è possibile, si svolgano in canto, in modo che anche la solennità del rito contribuisca ad una maggiore efficacia pastorale. Si abbia però molta cura nell’evitare che, sotto le apparenze della solennità, si introduca nelle celebrazioni alcunché di puramente profano o di meno conveniente al culto divino: ciò si applica specialmente alla celebrazione dei matrimoni.
46. Grande è l’efficacia della musica sacra nell’alimentare la pietà dei fedeli anche nelle sacre celebrazioni della parola di Dio e nei pii e sacri esercizi.
Nelle sacre celebrazioni della parola di Dio[27] <ref>Cfr. Int. Oec. 37-39.</ref> si prenderà come esempio la liturgia della Parola della Messa[28]<ref>Cfr. Int. Oec. 37.</ref>; nei pii e sacri esercizi saranno di grande utilità specialmente i salmi, le opere di musica sacra tratte dal repertorio antico e moderno, i canti religiosi popolari e il suono dell’organo e di altri strumenti più caratteristici. Inoltre in questi pii e sacri esercizi e specialmente nelle sacre celebrazioni della Parola di Dio, si possono benissimo ammettere anche alcune opere musicali le quali, benché non abbiano più posto nella liturgia, possono tuttavia nutrire lo spirito religioso e favorire la meditazione dei misteri sacri[29]<ref>Cfr. più avanti, n. 53.</ref>.
=== VI. Quale lingua usare nelle azioni liturgiche celebrate in canto, e come conservare il patrimonio di musica sacra ===
47. A norma della Costituzione sulla sacra Liturgia, «l’uso della lin­gua latina, salvo diritti particolari, venga conservato nei riti latini»[30]<ref>SC 36 § 1.</ref>. Dato però che «non di rado l’uso della lingua volgare può riuscire di grande utilità per il popolo»[31]<ref>SC 36 § 2.</ref>, « spetta alla competente autorità ecclesiastica territoriale, decidere circa l’adozione e la misura della lingua volgare. Tali decisioni devono essere approvate o ratificate dalla Sede Apostolica»[32]<ref>SC 36 § 3.</ref>.
Perciò, nel pieno rispetto di queste norme, si sceglierà la forma di partecipazione che meglio risponde alle possibilità di ciascuna assemblea.
Curino i pastori d’anime che, oltre che in lingua volgare, «i fedeli sappiano recitare e cantare insieme, anche in lingua latina, le parti che loro spettano dell’Ordinario della Messa»[33]<ref>SC 54; Int Oec. 59.</ref>.
48. Là dove è stato introdotto l’uso della lingua volgare nella celebrazione della Messa, gli Ordinari del luogo giudichino dell’opportunità di conservare una o più Messe in lingua latina, specialmente in canto, in alcune chiese, soprattutto delle grandi città, ove più numerosi vengono a trovarsi fedeli di diverse lingue.
50. Nelle azioni liturgiche in canto celebrate in lingua latina:
a) Al canto gregoriano, come canto proprio della liturgia romana, si riservi, a parità di condizioni, il primo posto[34]<ref>Cfr. SC 116.</ref>. Le melodie esistenti nelle edizioni tipiche si usino nel modo più opportuno.
b) «Conviene inoltre che si prepari un’edizione che contenga melodie più semplici, ad uso delle chiese minori»[35]<ref>SC 117.</ref>.
c) Le composizioni musicali di altro genere, a una o più voci, appartenenti al patrimonio tradizionale, o contemporanee, siano tenute in onore, si incrementino e si eseguano secondo la possibilità[36]<ref>Cfr. SC 116.</ref>.
51. Inoltre, tenendo presenti le condizioni dell’ambiente, l’utilità pastorale dei fedeli e la natura di ogni lingua, vedano i pastori di anime se — oltre che nelle azioni liturgiche celebrate in latino — parti del patrimonio di musica sacra, composta nei secoli precedenti per testi in lingua latina, possano usarsi anche nelle celebrazioni fatte in lingua volgare. Niente infatti impedisce che in una stessa celebrazione si cantino alcune parti in un’altra lingua.
52. Per conservare il patrimonio della musica sacra e per favorire debitamente le nuove forme del canto sacro, «si curi molto la formazione e la pratica musicale nei seminari, nei noviziati dei religiosi e delle religiose e nei loro studentati, come pure negli istituti e scuole cattoliche in genere», specialmente presso gli Istituti superiori creati a questo scopo[37]<ref>SC 115.</ref>. Si incrementi prima di tutto lo studio e l’uso del canto gregoriano che, per le sue caratteristiche, è una base importante nella educazione alla musica sacra.
53. Le nuove composizioni di musica sacra si conformino fedelmente ai principi e alle norme esposte. Perciò «abbiano le caratteristiche della vera musica sacra; e possano essere cantate non solo dalle maggiori Scholae Cantorum, ma convengano anche alle Scholae minori, e favoriscano la partecipazione attiva di tutta l’assemblea dei fedeli»[38]<ref>SC 121.</ref>.
Per quanto riguarda il repertorio tradizionale, prima di tutto si mettano in luce quelle parti che rispondono alle esigenze della sacra Liturgia rinnovata; gli esperti in materia considerino inoltre attenta­mente se anche altre parti possono adattarsi alle stesse esigenze; quanto infine assolutamente non risponde alla natura dell’azione liturgica o alla sua conveniente celebrazione pastorale, si trasferisca opportunamente ai pii esercizi e, più ancora, alle sacre celebrazioni della Parola di Dio[39]<ref>Cfr. sopra, n.46.</ref>.
=== VII. La preparazione delle melodie per i testi in lingua volgare ===
56. Tra le melodie da prepararsi per i testi in volgare, hanno particolare importanza quelle proprie del sacerdote celebrante e dei ministri, sia che le debbano cantare da soli o insieme all’assemblea o in dialogo con essa. Nel comporle, i musicisti vedano se le melodie tradizionali della liturgia latina, usate a questo scopo, possano suggerire delle melodie anche per i testi in lingua volgare.
57. Le nuove melodie per il sacerdote e i ministri devono essere approvate dalla Autorità territoriale competente[40]<ref>Cfr. Int. Oec. 42.</ref>.
58. Le Conferenze Episcopali interessate facciano in modo che ci sia un’unica traduzione per ogni lingua parlata in più regioni. E pure conveniente che ci siano, per quanto è possibile, una o più melodie comuni per le parti che spettano al sacerdote celebrante e ai ministri e per le risposte e le acclamazioni del popolo; e ciò per favorire la partecipazione comune dei fedeli di una stessa lingua.
59. I compositori si accingano alla nuova opera con l’impegno di continuare quella tradizione musicale che ha donato alla Chiesa un vero patrimonio per il culto divino. Studino le opere del passato, i loro generi e le loro caratteristiche, ma considerino attentamente anche le nuove leggi e le nuove esigenze della sacra Liturgia, così che « le nuove forme risultino come uno sviluppo organico di quelle già esistenti»[41]<ref>SC 23.</ref>, e le nuove opere formino una nuova parte del patrimonio musicale della Chiesa, non indegne di stare a fianco del patrimonio del passato.
60. Le nuove melodie per i testi in lingua volgare hanno certamente bisogno di un periodo di esperienza per poter raggiungere sufficiente maturità e perfezione. Tuttavia si deve evitare che, anche soltanto con il pretesto di compiere degli esperimenti, si facciano nelle chiese tentativi che disdicano alla santità del luogo, alla dignità dell’azione liturgica e alla pietà dei fedeli.
61. L’adattamento della musica sacra nelle regioni che hanno una propria tradizione musicale, specialmente nelle Missioni[42]<ref>Cfr. SC 119.</ref>, esige una particolare preparazione da parte dei periti: si tratta infatti di saper fondere opportunamente il senso del sacro con lo spirito, le tradizioni e le espressioni caratteristiche di quei popoli. Coloro che si dedicano a quest’opera devono avere una sufficiente cognizione sia della liturgia e della tradizione musicale della Chiesa, che della lingua, del canto popolare e delle espressioni caratteristiche dei popoli in favore dei quali prestano la loro opera.
=== VIII. La musica sacra strumentale ===
62. Gli strumenti musicali possono essere di grande utilità nelle sacre celebrazioni, sia che accompagnino il canto sia che si suonino soli. «Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento musicale tradizionale, il cui suono è in grado di aggiun­gere una notevole grandiosa solennità alle cerimonie della Chiesa e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti.
Altri strumenti, poi, si possono ammettere nel culto divino, a giudizio e con il consenso della competente autorità ecclesiastica territoriale, purché siano adatti all’uso sacro o vi si possano adattare, convengano alla dignità del luogo sacro e favoriscano veramente l’edificazione dei fedeli»[43]<ref>SC 120.</ref>.
63. Nel permettere l’uso degli strumenti musicali e nella loro utilizzazione si deve tener conto dell’indole e delle tradizioni dei singoli popoli. Tuttavia gli strumenti che, secondo il giudizio e l’uso comune, sono propri della musica profana, siano tenuti completamente al di fuori di ogni azione liturgica e dai pii e sacri esercizi<ref>Cfr. S. Congr. dei Riti, Istr. sulla musica sacra e la sacra Liturgia, 70 (AAS 50 [441958]652).</ref>. Tutti gli strumenti musicali, ammessi al culto divino, si usino in modo da rispondere alle esigenze dell’azione sacra e servire al decoro del culto divino e alla edificazione dei fedeli.
64. L’uso di strumenti musicali per accompagnare il canto, può sostenere le voci, facilitare la partecipazione e rendere più profonda dell’assemblea. Tuttavia il loro suono non deve coprire le voci, rendendo difficile la comprensione del testo; anzi gli strumenti musicali tacciano quando il sacerdote celebrante o un ministro, nell’esercizio del loro ufficio, proferiscono ad alta voce un testo loro proprio.
66. Il suono, da solo, di questi stessi strumenti musicali non è consentito in Avvento, in Quaresima, durante il Triduo sacro, nelle messe e negli uffici dei defunti.
67. È indispensabile che gli organisti e gli altri musicisti, oltre a possedere un’adeguata perizia nell’usare il loro strumento, conoscano e penetrino intimamente lo spirito della sacra liturgia in modo che, anche dovendo improvvisare, assicurino il decoro della sacra celebrazione, secondo la vera natura delle sue varie parti, e favoriscano la partecipazione dei fedeli[45]<ref>Cfr. sopra, nn. 24-25.</ref>.
=== IX. Le commissioni per la musica sacra ===
Devono perciò esistere, per quanto è possibile, in ogni diocesi, e operare in stretta collaborazione con la Commissione liturgica. Anzi sarà spesso opportuno che delle due commissioni se ne formi una sola, composta di esperti nell’una e nell’altra disciplina; ciò aiuterà a conseguire più facilmente il risultato voluto. Si raccomanda anche vivamente che più diocesi insieme costituiscano una unica Commissione, se ciò sembrerà più utile, per creare maggiore uniformità in una stessa regione e collocare più fruttuosamente le forze disponibili.
69. La Commissione liturgica, che si consiglia di istituire presso la Conferenza episcopale[46]<ref>Cfr. SC 44.</ref>, si interessi anche della musica sacra; includa perciò tra i suoi membri degli esperti di musica sacra. È bene che questa commissione si tenga in relazione non solo con le Commissioni diocesane, ma anche con le altre associazioni musicali esistenti nella regione. Lo stesso vale anche per l’Istituto pastorale liturgico di cui si tratta nell’art. 44 della Costituzione.
Questa Istruzione è stata approvata dal Santo Padre Paolo VI, nell’udienza concessa a Sua Eminenza il Cardinale Arcadio M. Larraona, Prefetto di questa Sacra Congregazione, il 9 febbraio 1967. Il Santo Padre l’ha pure confermata con la sua autorità, ed ha ordinato che fosse pubblicata, fissandone l’entrata in vigore per il giorno 14 maggio 1967, domenica di Pentecoste. Nonostante qualsiasi disposizione in contrario.
GIACOMO card. LERCARO<br />arcivescovo di Bologna,<br />Presidente del «Consilium» per l’attuazione<br />della Costituzione sulla sacra Liturgia<br /><br />
ARCADIo M. card. LARRAONA<br />Prefetto della S. C. R.<br />FERDINANDO ANTONELLI<br />arciv. tit. di Idicra,<br />segretario della S. C. R<br />
== Bibliografia ==
* Wikipedia.org, versione inglese, https://en.wikipedia.org
== Note ==

Menu di navigazione