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Il canto gregoriano

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''Tratto da MusicaLiturgica.altervista.org<ref>''MusicaLiturgica.Altervista.org'', http://musicaliturgica.altervista.org/appunti.html</ref>''
Per quanto riguarda i canti dell’ordinario, è lecito che la ''schola'' o l’assemblea li cantino interamente da cima a fondo; tuttavia, sarebbe buona abitudine fare in modo che la ''schola'' e l’assemblea procedessero '''alternatim''', ovvero alternandosi nel cantare le varie frasi. Lo “scambio” nella notazione gregoriana è facilmente riconoscibile dalla doppia stanghetta. Questo sistema funziona particolarmente bene anche per gli inni, ove alternativamente le strofe vengono cantate dalla ''schola'' e dall’assemblea, in modo da rendere partecipe anche quest’ultima e dare un senso al canto, che è e deve essere “preghiera”. Ovviamente, ci sono parti riservate esclusivamente alla ''schola'', come certi brani del Proprio particolarmente complessi.
La forma responsoriale che si trova in antifone, cantici e simili, prevede chel’assemblea o tutta la ''schola '' (o esse insieme) cantino un’antifona, alla quale rispondeuna sezione della ''schola '' o un salmista intonando un versetto. Quindi,al termine di esso, l’assemblea o la schola cantano nuovamente l’antifona e cosívia. Il modo ''in directum'', usato raramente nella Messa, ma comune nella Liturgiadelle Ore, prevede invece che l’antifona si canti una volta all’inizio ed unaalla fine; i versetti che seguono sono cantati colla pratica dell’alternatim dell’''alternatim'' tracantori – che cantano la prima parte del versetto – e assemblea – che rispondecon la seconda parte del versetto –. L’uso del tipo di tono nei salmi privi dimelodia propria (in genere ad avere melodia propria sono i salmi dei ''responsorî'' nella Liturgia delle Ore e alcuni salmi del Proprio della Messa) dipendeovviamente dalla modalità in cui si canta l’antifona, ed ogni versetto si eseguesecondo particolari regole. Prendendo, per esempio, il II tono salmodico, unodei piú semplici, osserviamo una tipica procedura di salmodia. [[File:Spartito-salmodia.jpg]] Ogni modulo salmodico si divide in quattro parti:* a) intonatio,* b) tenor et flexa,* c) mediatio, * d) tenor et finalis;  inoltre, dal momento che ogni membro (ricordiamo che per membro si intende una parte compiuta del versetto. In genere si hanno due o tre membri in un versetto) si divide in due ''emistichî'' (due parti, formate ciascuna da una o due versi), il modulo stesso si suddivide secondo gli emistichî, separati da un asterisco. Quindi, le parti '''a.''' e '''b.''' e '''c.''' appartengono al primo emistichio, mentre '''d.''' è il secondo emistichio. La parte a. (''intonatio'') rappresenta esattamente il numero di sillabe da cantare in essa, a seconda delle figurazioni (in alcuni toni troviamo anche ''pes'' e ''clivis'', che corrispondono ad una sola sillaba) e si canta solamente nel primo emistichio del primo membro del versetto; la parte b. contiene il tenor, ovvero la nota su cui si recitano le sillabe seguenti l’intonazione, e la '''flessione''' (''flexa'') indicata col segno † che viene usata quando il membro è composto da tre versi (dunque il primo emistichio è composto da due versi) e viene inserita come formula di ripresa per il primo verso. Qualora la parola da flettere possieda un accento diverso dalla costruzione del modulo, si può utilizzare una nota ausiliaria (di colore bianco) per far tornare l’accentazione; questo vale per tutte le formule di cadenza presenti nei moduli. La parte c. è la cadenza intermedia (''mediatio'') che conclude il primo emistichio del versetto; la parte d. corrisponde al secondo emistichio e comprende la formula di cadenza finale (''finalis''), che segue le stesse regole d’accentuazione della cadenza mediana. La formula finale non è unica: alcuni toni (II e V) ne hanno una sola, ma la maggioranza ne possiede diverse, da utilizzarsi ove prescritte. Nella Liturgia delle Ore le formule di cadenza finale non corrispondono a quelle tradizionali e, vista la loro numerosità, sono indicate dopo l’antifona, accompagnate dalla notazione convenzionale '''E U O U A E''', che sarebbe un’abbreviazione di “'''saeculorum, amen'''”, formula finale del Gloria Patri, testo fisso alla fine di ogni salmo della Liturgia delleOre, nonché del Proprio della Messa. Riportiamo a titolo esemplificativo la salmodia del primo versetto del ''Salmo 110 [109] Dixit Dominus'' sul II tono. [[File:Spartiti-dixit-dominum-ii-tono.jpg]] In questo caso, la flexa non è necessaria, né note ausiliare; si ricorda che gli accenti di ogni emistichio devono corrispondere a quelli indicati dal modulo; in questo caso, gli accenti dovevano cadere nella sillaba precedente le cadenze, cosa che appunto avviene (nel caso di Dómino, l’accento cade ovviamente prima, ma è una parola del tenor e non influisce nel computo, giacché la cadenza mediana è definita già da méo). I numeri romani I e II indicano i duemembri del versetto e, come si può vedere, il secondo non fa uso dell’''intonatio''. Entriamo adesso nella questione della presenza o meno di un accompagnamento al canto gregoriano. Esiste una diatriba tra coloro che affermano l’esclusivo spirito orizzontale del gregoriano e quindi l’illiceità di un qualsiasi accompagnamento e coloro che ammettono un sostegno strumentale ai cantori. Filologicamente parlando, il gregoriano è nato in un’epoca in cui gli strumenti musicali non erano utilizzati nella prassi liturgica, per cui, effettivamente, non avrebbe diritto né senso inserirvi un accompagnamento. Tuttavia, a partire dalla Riforma Ceciliana, a fine ottocento, si è preferito permettere un accompagnamento di sostegno alle voci, purché fatto in modo rispettoso della modalità e della libertà ritmica del canto gregoriano. Nell’Ottocento, infatti, erano stati molti e gravi gli abusi fatti in tal senso, soprattutto per l’annullamento del primato del testo. Già di per sé l’organo ceciliano, provvisto anche di sonorità dolci e discrete, forniva uno strumento d’accompagnamento molto migliore degli organi ottocenteschi, ricchi di sonorità bandistico-orchestrali. Quindi, purché fatto adeguatamente, un accompagnamento non è da biasimare; anzi, può aiutare moltissimo nell’intonazione e nella dolcezza di pronunzia del canto per cori e assemblee non preparate. Questo accompagnamento si fonda su tre principî: * deve rispettare completamente la modalità del brano e le sue caratteristiche; quindi, non potrà comportarsi come un pezzo tonale: dovrà evitare modulazioni cromatiche, settime minori e rispettive cadenze, dovrà osservare uno stretto diatonismo e mettere in evidenza lo stile del modo; un buon punto di partenza è quello di utilizzare per l’accompagnamento solo le note presenti nella scala modale corrispondente, quindi senza alterazioni e modulazioni;* deve uniformarsi al ritmo implicito del testo gregoriano, enfatizzando i suoi accenti naturali e evitando un ritmo regolare disgiunto da quello della melodia; inoltre, è bene cercare il piú possibile note comuni, per poterle tenere senza doverle cambiare. Ciò favorirà il fluire libero della melodia, mentre un accompagnamento troppo accordale per ogni nota sarebbe pesante e troppo invasivo;* deve trovarsi al massimo allo stesso livello fonico della melodia, ovvero non potrà sovrapporre ad una frase della melodia una nota piú acuta anche se fissa; allo stesso modo risulta sgradevole il solo accompagnamento “ad accordi” senza sottolineare la melodia. Per questo stesso ammonimento, l’intensità dell’accompagnamento dovrà essere sommessa, sia come stile compositivo che come effettiva timbrica d’accompagnamento; in pratica, è consigliabile un accompagnamento a quattro voci piú o meno reali per il canto comune (anche con pedale) e a tre voci senza pedale per salmi e tratti eseguiti da salmisti o sezioni ridotte. Le dissonanze che spesso si trovano negli accompagnamenti organistici non sono da biasimare, purché non troppo aspre e volte a sottolineare le inflessioni del testo o della melodia. A costo di essere pedanti, vogliamo ripetere che ogni minima sfumatura del testo è resa già da sola nel connubio tra melodia e testo senza bisogno di ausilî esterni per enfatizzarle. L’accompagnamento organistico ha il solo scopo di sostenere l’intonazione e dare sicurezza alle voci dei cantori. Infine, per approfondire il discorso della timbrica organistica col canto gregoriano, si consiglia l’uso esclusivo di registri fondo (flauti, principali, violeggianti discreti) di otto piedi, al massimo di quattro. L’uso dei principali di quattro piedi deve essere scrupolosamente circoscritto alle formule comuni finali, come gli ''Amen''. I flauti di quattro piedi, invece, aiutano l’intonazione precisa della melodia se uniti con un buon impasto di registri di otto piedi. Il pedale è altamente raccomandato, ad eccezione dell’accompagnamento a salmisti, con una buona base di sedici piedi, purché non troppo forte e adeguatamente sostenuta dagli otto. == Trasposizione delle melodie ==Riguardo all’accompagnamento dei modi, si noterà che certi ambiti modali superano di molto la comune ampiezza della voce umana (si pensi al settimo modo); per questo motivo, si può e si deve trasporre una melodia in modo che sia cantabile senza fatica. Questa pratica non è un accomodamento dell’età moderna, tutt’altro. Anzi, è inverosimile pensare che nell’età d’oro del gregoriano si pensasse ai modi come a rigide strutture che indicavano l’altezza assoluta delle note; la funzione del modo era in buona parte anche quella di indicare uno stile ed un carattere da seguire; l’intonazione della nota di partenza, poi, era presa in modo che tutti fossero in grado di cantare il frammento melodico senza problemi. Riportiamo delle semplici indicazioni su come trasportare i varî modi. Ovviamente queste prescrizioni sono solo di massima, in quanto, come detto, non sempre le melodie sottostanno al vincolo dell’ambitus modale e hanno uncomportamento assai anomalo per cui si impongono altre scelte di trasposizione. Per ogni modo presentiamo un breve frammento esemplificativo, seguíto dalla trascrizione in notazione moderna e da un’eventuale trasposizione, quando necessaria. * '''I modo''', da re3 a re4, da suonarsi approssimativamente in tonalità di re minore senza alterazioni. Generalmente si esegue cosí com’è scritto; in alcuni casi lo può trasportare di una seconda maggiore sopra (mi3 – mi4), giungendo quindi ad una tonalità approssimativa di mi minore con due diesis (anziché uno), di cui l’ultimo generalmente naturale, dato che corrisponderebbe al si del modo non trasposto, che essendo spesso bemollizato diviene naturale anziché diesis come sarebbe altrimenti. È un modo austero e spoglio, ma non per questo privo di grande spiritualità. [[File:Spartiti-esempio-i-modo-iesu-dulcis-memoria.jpg]] [[File:Spartiti-iesu-dulcis-memoria-notazione-moderna.jpg]] * ''II modo'', da la2 a la3, da suonarsi approssimativamente in tonalità di re minore/la minore senza alterazioni. È una modalità alquanto grave e quindi si traspone di una terza maggiore sopra (do3 diesis – do4 diesis), per giungere ad una tonalità approssimativa di fa diesis minore con quattro diesis (anziché tre), di cui l’ultimo generalmente naturale poiché corrispondente al si (per il quale valgono le considerazioni fatte precedentemente). Essendo appunto una modalità molto grave e anche piuttosto particolare, talvolta viene trasposto addirittura di una quarta sopra (re3 – re4), per giungere ad una tonalità approssimativa di sol minore con un solo bemolle (anziché due). Come stile è severo e profondo, molto meditativo; è uno dei modi meno usati e meno comuni nelle melodie gregoriane, ma è anche uno dei piú interessanti. [[File:Spartiti-gloria-xi-esempio.jpg]] [[File:Spartiti-gloria-xi-notazione-moderna.jpg]] * '''III modo''', da mi3 a mi4, da suonarsi approssimativamente in tonalità di mi minore senza alterazioni. Si traspone di una terza minore sotto (do3 diesis – do4 diesis), giungendo ad una tonalità approssimativa di do diesis minore con tre diesis (anziché quattro). È uno dei modi piú ostici alla comprensione moderna, ma anche uno dei piú suggestivi. Molti gregorianisti usano concludere una melodia in terzo modo con un accordo dissonante non risolto, soprattutto in caso di inni strofici, per accrescere il senso mistico di questa modalità. Alcune volte, inoltre, si può anche non trasporre, essendo una modalità non particolarmente acuta (ad es. nel celebre [[Pange lingua (Tantum ergo)|''Pange, Lingua'']]) [[File:Spartito-esempio-te-deum-modo-iii.jpg]] [[File:Spartiti-te-deum-notazione-moderna.jpg]] * '''IV modo''', da si2 a si4, da suonarsi approssimativamente in tonalità di mi minore/la minore senza alterazioni o con un raro si bemolle. Solitamente si esegue come scritto, ricordando che nelle armonizzazioni ricorre spesso il tritono. Valgono le stesse considerazioni fatte per il III modo, considerando però che il carattere del IV è piú intimistico e riservato, in un certo senso lamentoso, ma non privo di armoniosità. [[File:Spartiti-sanctus-xviii.jpg]] [[File:Spartiti-sanctus-xviii-notazione-moderna.jpg]] * '''V modo''', da fa3 a fa4, da suonarsi approssimativamente in tonalità di fa maggiore senza alterazioni o col si bemolle transeunte. Lo si traspone almeno di una terza minore (re3 – re4) sotto, giungendo ad una tonalitàapprossimativa di re maggiore con tre diesis (anziché due), di cui l’ultimo è naturale quando ricorre il si bemolle. Vi sono alcuni rari casi in cui non è necessario trasporre, ma si tratta di un quinto modo atipico (come la [[Salve Regina (tono simplex)|''Salve, Regina simplex'']]). È un modo assai aperto ed allegro, ed ha ispirato molto i compositori successivi che hanno scritto melodie in stile gregoriano, aggiungendo in esso una certa vena lirica. [[File:Spartiti-esempio-agnus-dei-ix-cum-jubilo.jpg]] [[File:Spartiti-esempio-agnus-dei-ix-cum-jubilo-notazione-moderna.jpg]] * '''VI modo''', da do3 a do4, da suonarsi approssimativamente in tonalità di fa maggiore/do maggiore senza alterazioni o, piú frequentemente, di fa maggiore/do maggiore col si bemolle. È la modalità che piú si avvicina alla nostra tonalità moderna ed ha un carattere devoto e placido, non esente da un certo slancio nelle melodie piú ornate; non si traspone quasi mai, se non raramente di una seconda maggiore sopra (re3 – re4) per giungere ad una tonalità approssimativa di sol maggiore con due diesis (anziché uno), di cui l’ultimo naturale se ricorre il si bemolle. [[File:Spartiti-esempio-regina-coeli.jpg]] [[File:Spartiti-esempio-regina-coeli-notazione-moderna.jpg]] * '''VII modo''', da sol3 a sol4, da suonarsi approssimativamente in tonalità di sol maggiore senza alterazioni o, molto raramente, con un si bemolle. È il modo piú acuto e complesso degli otto e si può trasporre in diversi modi: se di una terza minore sotto (mi3 – mi4), si giunge ad una tonalità approssimativa di mi maggiore con tre diesis (anziché quattro); se di una terza maggiore sotto (mi3 bemolle – mi4 bemolle), si giunge ad una tonalità di mi bemolle maggiore con quattro bemolli (anziché tre), in una formula raramente usata; se di una quarta sotto (re3 – re4), si giunge ad una tonalità di re maggiore con un diesis (anziché due). Non è raro il caso in cui si debba trasporre addirittura di una quinta sotto (do3 – do4), giungendo quindi ad una tonalità approssimativa di do maggiore con un bemolle (anziché senza alterazioni). Anche il settimo tono può presentarsi in una forma atipica per cui non è necessaria alcuna trasposizione. È il modo a cui l’uomo moderno guarda con piú incertezza: pervaso da una diffusa sensazione di gioia, tuttavia non la dimostra apertamente come l’allegro modo V, né sfocia in un maestoso trionfo come l’VIII. Una solenne ma composta allegria è quella che contraddistingue il VII modo angelico, come disse Guido d’Arezzo. [[File:Spartiti-esempio-tu-es-petrus.jpg]] [[File:Spartiti-esempio-tu-es-petrus-notazione-moderna.jpg]] * '''VIII modo''', da re3 a re4, da suonarsi approssimativamente in tonalità di sol maggiore/do maggiore senza alterazioni o, raramente, con un si bemolle. Si traspone generalmente di una terza minore sotto (si2 – si3), giungendo ad una tonalità approssimativa di mi maggiore/la maggiore con tre diesis. Spesso è anche meglio trasporre di solo una seconda minore sotto (do3 – do4), giungendo cosí ad una tonalità approssimativa di fa maggiore con due diesis (anziché uno). È una modalità molto regale e maestosa, ma non per questo terrena e mondana. La sua perfezione si riscontra nell’ampiezza degli intervalli. [[File:Spartiti-esempio-veni-creator.jpg]] [[File:Spartiti-esempio-veni-creator-notazione-moderna..jpg]] Si noti che alcuni modi trasposti hanno medesimo ''ambitus'': non si deve però pensare che essi siano uguali, poiché cambiano la ''repercussio'' e la ''finalis'', unici elementi distintivi del modo. Non si dimentichi, che si parla solo di “tonalità approssimative”, proprio perché le scale del modo trasposto sono scale naturali e quindi diverse da quelle delle tonalità indicate. La tonalità indicata serve solo ad organizzare le alterazioni. Ma rimane sempre un margine d’incertezza. Del resto, lo si è detto fin dall’inizio: il sistema modale del canto gregoriano non coincide affatto con una mera semplificazione del nostro sistema tonale.
== Note ==