Differenze tra le versioni di "Dies irae (Messa per i defunti)"

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Notizie generali
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''Tratto da WikiPedia.org e CantualeAntonianum.com''
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Il '''Dies irae''' è una sequenza in lingua latina, molto famosa, attribuita a ''Tommaso da Celano''. Sono in molti a ritenerla una composizione poetica medievale tra le più riuscite. C'è un salto di stile rispetto al latino classico: il ritmo è accentuativo e non quantitativo, e i versi sono rimati con rima baciata (AAA, BBB, CCC) a eccezione delle ultime due strofe. Il metro è trocaico. Descrive il giorno del giudizio, l'ultima tromba che raccoglie le anime davanti al trono di Dio, dove i buoni saranno salvati e i cattivi condannati al fuoco eterno. Il Dies irae è una delle parti più note del requiem e quindi del rito per la messa esequiale previsto dalla messa tridentina.
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Compare anche nella Liturgia delle Ore (come inno alternativo per l'ultima settimana del tempo ordinario) in una versione riveduta, che tiene conto dell'illegittimità dell'identificazione da parte dell'esegesi medievale della figura di Maria Maddalena con l'adultera pentita.
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Il testo non si trova nei Messali anteriormente alla seconda metà del XIII secolo e fa la sua comparsa proprio nei Messali dell'Ordine Francescano come "prosa de mortuis", pur anonima. Si sa che il Messale serafico e le rubriche di Aimone di Faversham (ministro generale dei Francescani), mutuati dal Messale della Curia Romana, furono poi a loro volta adottati dalla stessa Chiesa Romana, con le feste e i testi che intanto vi erano entrati. E così il Dies irae, dalla liturgia francescana transitò alla liturgia della Chiesa Latina. La diffusione rapidissima e il favore popolare di questa sequenza sono una testimonianza del fatto che essa è stata prestissimo portata in tutta Europa grazie all'itineranza francescana e all'uniformità della liturgia serafica, la quale era molto apprezzata dal popolo.
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Il '''Dies irae''' presenta il pensiero e le meditazione del Giudizio universale, il secondo dei quattro novissimi, le realtà ultime: Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso. Una meditazione quanto mai appropriata per i vivi che partecipano ad una commemorazione dei defunti, la quale richiama, oltre alla fede, anche la responsabilità personale nell'aldiquà per godere con i santi nell'aldilà. Il '''Dies irae''', che ispirò capolavori altissimi come quelli di Haydn, Mozart e Verdi, cadde purtroppo sotto la scure della riforma postconciliare. Aveva resistito all'attacco di Pio V che aveva vietato tutte le sequenze, abbondantissime all'epoca, tranne 5, salvando - anzi prescrivendo in modo universale - la popolare sequenza dei defunti.
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Giovanni XXIII, nel 1962 aveva reso opzionale il suo uso nelle messe quotidiane per i defunti. Nel rito moderno semplicemente non si trova più il testo di questa sequenza nei lezionari. Oggi solo quattro sono le sequenze superstiti: Pasqua ([[Victimae Pascalis]]), Pentecoste ([[Veni Sancte Spiritus]]), Corpus Domini ([[Lauda Sion (Ecce Panis)]]) e B.V.M. Addolorata ([[Stabat Mater]]), anche questa di origine francescana).
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Ma grazie alla flessibilità del rito romano contemporaneo, nulla in realtà vieta di cantare questa sequenza ai funerali o il giorno della commemorazione dei defunti, magari alla fine della celebrazione, per tenere un certo clima di raccoglimento e di preghiera per i propri cari trapassati: "Pie Iesu Domine dona eis requiem".
  
 
== Testo e traduzioni ==
 
== Testo e traduzioni ==

Versione delle 16:36, 29 lug 2019

Tratto da WikiPedia.org e CantualeAntonianum.com

Il Dies irae è una sequenza in lingua latina, molto famosa, attribuita a Tommaso da Celano. Sono in molti a ritenerla una composizione poetica medievale tra le più riuscite. C'è un salto di stile rispetto al latino classico: il ritmo è accentuativo e non quantitativo, e i versi sono rimati con rima baciata (AAA, BBB, CCC) a eccezione delle ultime due strofe. Il metro è trocaico. Descrive il giorno del giudizio, l'ultima tromba che raccoglie le anime davanti al trono di Dio, dove i buoni saranno salvati e i cattivi condannati al fuoco eterno. Il Dies irae è una delle parti più note del requiem e quindi del rito per la messa esequiale previsto dalla messa tridentina.

Compare anche nella Liturgia delle Ore (come inno alternativo per l'ultima settimana del tempo ordinario) in una versione riveduta, che tiene conto dell'illegittimità dell'identificazione da parte dell'esegesi medievale della figura di Maria Maddalena con l'adultera pentita.

Il testo non si trova nei Messali anteriormente alla seconda metà del XIII secolo e fa la sua comparsa proprio nei Messali dell'Ordine Francescano come "prosa de mortuis", pur anonima. Si sa che il Messale serafico e le rubriche di Aimone di Faversham (ministro generale dei Francescani), mutuati dal Messale della Curia Romana, furono poi a loro volta adottati dalla stessa Chiesa Romana, con le feste e i testi che intanto vi erano entrati. E così il Dies irae, dalla liturgia francescana transitò alla liturgia della Chiesa Latina. La diffusione rapidissima e il favore popolare di questa sequenza sono una testimonianza del fatto che essa è stata prestissimo portata in tutta Europa grazie all'itineranza francescana e all'uniformità della liturgia serafica, la quale era molto apprezzata dal popolo.

Il Dies irae presenta il pensiero e le meditazione del Giudizio universale, il secondo dei quattro novissimi, le realtà ultime: Morte, Giudizio, Inferno e Paradiso. Una meditazione quanto mai appropriata per i vivi che partecipano ad una commemorazione dei defunti, la quale richiama, oltre alla fede, anche la responsabilità personale nell'aldiquà per godere con i santi nell'aldilà. Il Dies irae, che ispirò capolavori altissimi come quelli di Haydn, Mozart e Verdi, cadde purtroppo sotto la scure della riforma postconciliare. Aveva resistito all'attacco di Pio V che aveva vietato tutte le sequenze, abbondantissime all'epoca, tranne 5, salvando - anzi prescrivendo in modo universale - la popolare sequenza dei defunti. Giovanni XXIII, nel 1962 aveva reso opzionale il suo uso nelle messe quotidiane per i defunti. Nel rito moderno semplicemente non si trova più il testo di questa sequenza nei lezionari. Oggi solo quattro sono le sequenze superstiti: Pasqua (Victimae Pascalis), Pentecoste (Veni Sancte Spiritus), Corpus Domini (Lauda Sion (Ecce Panis)) e B.V.M. Addolorata (Stabat Mater), anche questa di origine francescana). Ma grazie alla flessibilità del rito romano contemporaneo, nulla in realtà vieta di cantare questa sequenza ai funerali o il giorno della commemorazione dei defunti, magari alla fine della celebrazione, per tenere un certo clima di raccoglimento e di preghiera per i propri cari trapassati: "Pie Iesu Domine dona eis requiem".

Testo e traduzioni

Testo latino

Textus

Traduzione liturgica in lingua italiana

testo

Spartiti musicali

Spartito gregoriano, impaginato su foglio formato A4:

600px

Spartito disponibile in formato PDF impaginato su foglio A4, Media:xxx.pdf

Video

Versione tratta dal Liber Usualis (1961), p. pp. 880-881, cantata dai monaci benedettini di Santo Domingo de Silos.

Codice sorgente GABC

codice

Bibliografia

Note